Affidamento condiviso e trasferimento dei figli minori

affidamento minori

Al giorno d'oggi capita sempre più spesso che al termine di un matrimonio o di una convivenza, uno dei due genitori, spesso il genitore collocatario (cioè quello presso cui vive il figlio), voglia cambiare residenza o trasferirsi all’estero portando con sé i figli minori (ad esempio per motivi di lavoro, per seguire il nuovo partner o per riavvicinarsi alla famiglia di origine).

Una decisione del genere, però, non può essere presa in modo unilaterale ed incontra il limite invalicabile della valutazione dell’interesse del minore.

Cosa accade, dunque, se il genitore collocatario dei figli minori intende trasferirsi molto lontano dall’altro genitore portando con sé i figli? Tale decisione è vincolata a regole e limiti ben precisi.

La Cassazione con un'ordinanza recentissima ha stabilito che non è possibile trasferirsi con i propri bambini (anche se per motivi di lavoro) molto lontano dall'altro genitore se questo trasferimento comporta una sensibile compressione del diritto di visita dell’altro genitore. Proviamo ad immaginare le conseguenze dell’allontanamento arbitrario del bambino dall’altra sua figura genitoriale. Sicuramente la conseguenza più incisiva se il trasferimento avverrà in una regione lontana è che il bambino non potrà più vedere entrambi i genitori regolarmente (ma solo uno, il genitore collocatario con cui si trasferisce) con una evidente diminuzione dei tempi trascorsi insieme all’altro genitore che sarà costretto, non per sua scelta, a vivere lontano dal suo piccolo/a e a non poter assistere alle sue abituali consuetudini di vita, comprese quelle legate alla scuola, ai compagni, alle maestre, al tempo libero.

Si verificherebbe, dunque, a danno del genitore non collocatario, un vero e proprio impedimento a svolgere appieno il suo ruolo genitoriale nel prendersi cura del figlio.

La Corte di Cassazione ha infatti espresso un principio cardine al quale gli operatori del diritto (gli avvocati) e gli stessi genitori devono uniformarsi chiarendo che “il dovere primario di un buon genitore affidatario e/o collocatario è quello di non allontanare il figlio dall’altra figura genitoriale: quali che siano state le ragioni del fallimento del matrimonio, ogni genitore responsabile, consapevole dell’insostituibile importanza della presenza dell’altro genitore nella vita del figlio, deve saper mettere da parte le rivendicazioni e conservarne l’immagine positiva agli occhi e nel cuore del minore, garantendo il più possibile le frequentazioni del coniuge con la prole minorenne. L’attitudine del genitore ad essere un buon educatore ed a perseguire primariamente il corretto sviluppo psicologico del figlio si misura alla luce della sua capacità di realizzare un siffatto risultato non a parole, ma in termini concreti” (Cass. civ. n.4796 del 14 febbraio 2022).

Il genitore che intende, dunque, trasferire il figlio minore in un’altra città deve, pertanto, chiedere e ottenere il consenso dell’altro genitore. In mancanza di tale consenso, l’interessato dovrà chiedere e ottenere l’autorizzazione del giudice al trasferimento.
Giudice che dovrà sempre tener presente il “best interest of child” quando decide in merito alla sua residenza.
Come abbiamo visto, per potersi trasferire con il figlio in un’altra città occorre il consenso di entrambi i genitori. Tuttavia, in caso di disaccordo, il genitore collocatario dovrà depositare, tramite il proprio avvocato, la relativa richiesta autorizzativa in Tribunale motivando e documentando le ragioni per le quali intende ottenere il trasferimento (ad esempio, un’offerta di lavoro irrinunciabile). A questo punto, il giudice fisserà un’apposita udienza per ascoltare le diverse ragioni dei genitori in merito e quelle del figlio.

A tal fine, potrà anche nominare un consulente tecnico d’ufficio (CTU) così da prendere la migliore decisione nel superiore interesse del minore e, quindi, decidere se autorizzare o meno la richiesta di trasferimento. La valutazione del CTU sarà improntata sulla valutazione dell’impatto psicologico ed emotivo che il trasferimento potrebbe avere sul minore e se le relazioni tra quest’ultimo e il genitore non collocatario siano sufficientemente solide da sopportare un trasferimento e la relativa lontananza.

Venendo poi al dato normativo esso è rappresentato dall’ art. 337 sexies c.c. il quale all’ultimo comma recita “In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto” e dall’ art. 316 c.c. il quale al primo comma prevede che “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore”.

Il genitore, in quanto persona adulta, sarà sempre libero di trasferirsi a vivere altrove. Nessuno glielo potrà impedire, nemmeno il giudice.

Il giudice sarà, invece, tenuto a decidere se autorizzare o meno il trasferimento del minore, e dunque dovrà accertare se vi siano motivi seri e gravi per concedere detta autorizzazione, nell’esclusivo interesse di questi. È chiaro che nell’ambito del procedimento sarà importante per la decisione l’analisi delle motivazioni del trasferimento e la valutazione dei vantaggi e dei svantaggi effettivi rispetto alla situazione attuale. Il Giudice analizzerà se il genitore che vivrà lontano dai figli (non per sua scelta) riuscirà a frequentare i figli senza che ciò comporti per lui ulteriori costi per far fronte alle visite soprattutto se tali costi risultano sproporzionati rispetto ai propri redditi.

Sarà fondamentale anche l’età dei figli minori, il loro impatto psicologico ed emotivo nei confronti del trasferimento (tenuto conto che in presenza di precisi requisiti il minore può anche essere ascoltato dal Giudice in ordine alla sua preferenza di collocamento).

Si comprende quindi l’estrema delicatezza della decisione che il Giudice sarà chiamato ad assumere, dovendo bilanciare da un lato la libertà del genitore collocatario di autodeterminarsi nelle proprie scelte di vita e dall’altro salvaguardare il principio della bigenitorialità nonché l’interesse supremo del minore.

Per tale motivo è sempre consigliabile assumere tali decisioni di comune accordo e mai procedere in modo arbitrario o unilaterale, rivolgendosi al Giudice in tutti i casi in cui non sia proprio possibile raggiugere una soluzione condivisa fra i genitori.

Ma cosa accade se il genitore collocatario trasferisce la residenza del figlio senza alcuna autorizzazione?

La decisione del genitore collocatario di trasferire la residenza del figlio senza il consenso dell’altro genitore e senza l’autorizzazione del Tribunale può comportare importanti conseguenze.
Il Giudice, infatti, potrebbe:

    • ordinare il riavvicinamento in modo da consentire al genitore non collocatario di esercitare il suo diritto di visita;
    • ammonire o sanzionare con un’ammenda il genitore collocatario;
    • condannare il genitore collocatario al risarcimento del danno;
    • decidere di collocare il figlio presso l’altro genitore;
    • revocare l’affidamento condiviso del figlio in favore dell’affidamento esclusivo all’altro genitore;
    • nei casi più gravi, sospendere l’esercizio della responsabilità genitoriale.


Cosa succede se il genitore decide di trasferirsi con il figlio all’estero senza il consenso dell’altro genitore?

Il genitore che porta, senza il consenso dell’altro o senza autorizzazione del Tribunale, il figlio minore in un altro Stato diverso rispetto a quello in cui si trova la sua residenza abituale, commette un reato consistente nella sottrazione di minori (art. 574 c.p.).

In questi casi, quindi, è bene rivolgersi fin da subito ad un avvocato al fine di denunciare all’autorità giudiziaria nazionale, il reato commesso dall’altro genitore.

Una volta effettuata la denuncia, prenderà avvio una complessa procedura giudiziaria che coinvolge inevitabilmente lo Stato dove il minore è stato trasferito.

Se il Paese nel quale il minore è stato portato aderisce alla Convenzione internazionale dell’Aja è possibile presentare domanda per il rimpatrio in Italia.

L’istanza deve essere proposta entro un anno dal trasferimento e può essere respinta se il ritorno del minore potrebbe arrecare allo stesso un grave pregiudizio.

In conclusione, l’aspirazione di un genitore a vivere in una diversa città o in un altro paese in un luogo di sua scelta è e rimane del tutto legittima ma essa non può prevalere sul diritto dei propri figli ad avere vicino anche l’altro genitore. Genitore che amano e che sono abituati ad avere accanto.

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